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Cinema

Fleabag, recensione e video trailer della serie Tv vincitrice agli Emmy

Fleabag è la Serie Tv che ha trionfato agli Oscar come Miglior Serie Tv Comey dell’anno. Ecco una breve recensione sulle sue due stagioni su Prime Video

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Fresca dell’inaspettata vittoria agli Emmy Awards, Fleabag è una serie comica e drammatica debuttata nel 2016 e proseguita, con una seconda stagione che ne sancisce la conclusione, quest’anno. Il palco degli Oscar delle Serie Tv l’ha premiata come Serie Comica dell’anno, ma Fleabag va ben oltre le 3 statuette vinte nella serata di cui abbiamo parlato all’inizio della settimana.

Teatro, cinema, Emmy

Fleabag nasce come opera teatrale che riscosse un notevole successo nel 2013, la storia del superamento di un lutto tra surrealismo e “sessualismo” è pressocché identica a quella che poi fu rivisitata e trasposta sul piccolo schermo nel 2016, grazie alla co-produzione BBC Three e Amazon Prime Video.

L’adattamento televisivo non ne mantiene solo la natura, bensì gli interpreti. Phoebe Waller-Bridge è la drammaturga inglese che ha dato vita a Fleabag, diventandone anche nel frattempo l’attrice protagonista, nonché sceneggiatrice.

Segnatevi il nome di Phoebe Waller-Bridge, perché si tratta di una delle donne artisticamente più interessanti del momento. Un successo clamoroso ottenuto grazie a questa Serie Tv che mescola alla perfezione il dramma con le risate in cui ne rappresenta l’anima, nel teatro prima e nel denso mondo delle serie televisive poi. Tra i suoi lavori, inoltre, non è peccato riconoscerle la stesura della sceneggiatura di un’altra Serie premiata agli ultimi Emmy, si tratta di Killing Eve (1 premio e 6 nomination).

Se vi è piaciuta una tra Fleabag e Killing Eve vi piacerà sicuramente anche l’altra che vi manca, vista la graffiante penna di Phoebe Waller-Bridge, capace di smontare i drammi (nel caso di Fleabag, il lutto) con il sorriso e di far lacrimare dalle risate.

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Fleabag parla di una donna trentenne che affronta la vita quotidiana tra lavoro, rapporti familiari e situazioni sentimentali. Un plot sicuramente molto minimal che però viene affrontato e sviscerato con naturalezza e tanta, ma proprio tanta, verosimiglianza.

L’agrodolce atmosfera di Fleabag è rintracciabile immediatamente nell’umorismo, mai forzato nei tempi ma ben distribuito, molto graffiante e azzeccato. Nonostante la location britannica, di quel “humor-british” snob non ne abbiamo molto, a discapito di un black-humor decisamente più affine alla vita di tutti i giorni.

Realtà, quotidianità e quarta parete

Perché Fleabag gioca molto con la realtà: le situazioni, quelle che nello show sono sì assurde, ma comunque rintracciabili nella nostra realtà. Lo fa senza cadere nelle esagerazioni e nei no-sense, anzi, sterza inavvertitamente la rotta e sul più bello accende i riflettori sui background, sui flashback, sulle emozioni.

Collega il futuro, quello alimentato dalle scelte, attraverso il passato facendoci capire come i personaggi siano arrivato lì, un passato fagocitato dagli errori. Rimpianti e rimorsi diventano dunque protagonisti di questo show, spesso scalzando persino i solidi personaggi, ben scritti e ben interpretati.

Bisogna infatti segnalare la presenza di Olivia Colman, vincitrice lo scorso anno del Premio Oscar nel film La Favorita. Nella seconda stagione invece, spicca Il Prete interpretato da Andrew Scott, noto al pubblico dei telefilm addicted per il ruolo di Moriarty in Sherlock.

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Entrambi le stagioni di Fleabag sono soggette a divorazioni da parte di chi si lascerà andare, un viaggio di soli 16 (8+8) episodi da 25’ che chiudono un cerchio scritto perfettamente e interpretato da una Phoebe Waller-Bridge vincitrice dell’Emmy come miglior attrice protagonista in una serie comedy.

Due soli stagioni che culminano in un finale aperto

Punto di forza, a livello artistico, di Fleabag, è infatti la rottura della quarta parete. L’empatia cresce episodio dopo episodio grazie a ciò che vediamo succedere nel telefilm e come il telefilm, attraverso gli sguardi e le piccole battute della protagonista, commenta ciò che sta accadendo nello schermo. Un senso di inglobamento, di partecipazione e di condivisione, un’opera d’arte che risucchia lo spettatore.

Un premio Emmy come miglior serie comedy più che meritato per Fleabag, capace di trasportare la sua piccola e forte storia dal teatro alla televisione, senza intaccarne l’anima, bensì arricchendola. Le due stagioni, seppur brevi all’apparenza, sono esaustive per quello che è uno show che intende concludere il proprio viaggio grazie a un’ultima splendida inquadratura che non vi anticipiamo.

Anziché rinnovarsi con ulteriori stagioni che andrebbero solo a minare l’integrità dell’opera nella sua completezza, Fleabag ha il coraggio di darci un finale ampiamente interpretativo, collegando ancora una volta, con le luci, i silenzi e il cuore, noi spettatori con la Fleabag di Phoebe Waller-Bridge.

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Nato a Belvedere Marittimo (CS) il 06/05/1994. Da sempre appassionato di scrittura e giornalismo. Scrive su quelle che sono le sue più grandi passioni: sport, media, Tv e soprattutto cinema. Laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Salerno e attualmente studente della laurea specialistica Corporate Communication & Media.

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