Cronaca
USA, Trump vieta i viaggi in 12 Paesi: torna il travel ban, polemiche e reazioni internazionali
Il nuovo divieto entrerà in vigore il 9 giugno: esclusi cittadini di 12 Stati e restrizioni per altri 7. Harvard attacca, l’Unione Africana preoccupata

Donald Trump mantiene un’altra delle sue promesse elettorali e reintroduce il controverso travel ban, con una versione ampliata che colpisce 12 Paesi con un divieto totale d’ingresso negli Stati Uniti e impone restrizioni parziali ad altri 7. Il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 9 giugno e fa parte di una più ampia strategia di stretta sull’immigrazione lanciata all’inizio del secondo mandato del presidente.
Afghanistan, Iran e Libia tra i 12 Paesi colpiti
La lista completa dei Paesi soggetti al divieto totale comprende: Afghanistan, Myanmar, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. A questi si aggiungono Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela, per i quali sono state previste restrizioni parziali.
Secondo l’amministrazione Trump, i Paesi inseriti nella blacklist sono accomunati dall’incapacità di garantire una corretta verifica dell’identità dei viaggiatori, dalla scarsa collaborazione sui temi della sicurezza dei visti e da un’alta incidenza di superamento della durata di soggiorno concessa.
Esenzioni per atleti e familiari
Il bando non sarà retroattivo: i visti rilasciati prima del 9 giugno resteranno validi. Previste eccezioni per atleti, tecnici e familiari di squadre coinvolte in eventi internazionali come la Coppa del Mondo per Club 2025, il Mondiale FIFA 2026 e le Olimpiadi di Los Angeles 2028.
Un bando giustificato con motivi di sicurezza nazionale
Il presidente ha motivato il provvedimento come una misura necessaria per proteggere gli Stati Uniti da presunte minacce terroristiche e da Paesi che – a suo dire – ospitano “presenze terroristiche su larga scala” o non collaborano con le autorità americane. In un video pubblicato su X, Trump ha affermato: «Non permetteremo l’ingresso nel nostro Paese a chi desidera farci del male».
Ha poi aggiunto che la lista potrebbe essere aggiornata, sottolineando come la decisione sia stata presa anche a seguito dell’attacco antisemita avvenuto a Boulder, in Colorado, pur ammettendo che il presunto autore, Mohamed Sabry Soliman, proveniva dall’Egitto, uno Stato “alleato” escluso dalle restrizioni.
Reazioni critiche e rischi legali
Il ritorno del travel ban ha immediatamente suscitato reazioni preoccupate, soprattutto dall’Africa, che conta il maggior numero di Paesi colpiti. La Commissione dell’Unione Africana ha espresso “seria preoccupazione” per l’impatto sulle relazioni diplomatiche e sugli scambi educativi e commerciali, auspicando un dialogo costruttivo con Washington.
Anche la Somalia ha reagito rapidamente, annunciando la volontà di collaborare con gli Stati Uniti per affrontare le criticità legate alla sicurezza, mentre il Venezuela ha accusato l’amministrazione americana di “fascismo”.
Harvard e le università d’élite nel mirino
La nuova stretta migratoria si è abbattuta anche sugli studenti stranieri, in particolare quelli delle università d’élite. Il presidente ha annunciato il blocco dei visti per gli iscritti a Harvard, accusando l’ateneo – insieme ad altre istituzioni della Ivy League come la Columbia – di essere focolai di antisemitismo e centri della cultura “woke”.
La reazione non si è fatta attendere: Harvard ha denunciato il provvedimento come “l’ennesima ritorsione illegale” e ha evocato la violazione del Primo Emendamento. Dure anche le parole di Pechino, che ha promesso di difendere i diritti degli studenti cinesi all’estero.
Precedenti e scenari futuri
Il nuovo travel ban potrebbe aprire un altro fronte legale, come accaduto nel primo mandato con il cosiddetto Muslim ban, bloccato più volte dai tribunali fino alla versione confermata dalla Corte Suprema nel 2018. All’epoca, l’ex presidente Joe Biden revocò il provvedimento definendolo “una macchia sulla coscienza nazionale”.
Con questo nuovo decreto, Trump rilancia la sua linea dura in materia migratoria, inserendola in un quadro politico sempre più polarizzato e ponendo un’ulteriore sfida alla tenuta dei rapporti tra Stati Uniti e mondo accademico, alleati storici e organizzazioni internazionali.