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Calcio

Jurgen Klopp, l’Odino di Liverpool pronto a prendersi l’Europa

La storia del tecnico di Stoccarda, che ha sfiorato la Champions per due volte. E ora punta a conquistarla

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A vederlo quando esulta, mentre tira cazzotti al cielo e allo stomaco dell’aria, Jurgen Klopp sembra un pazzo. Capello biondo, occhi azzurri di vetro, barba brizzolata, una testa e un cuore da matto. L’uomo delle nevi che viene da Stoccarda ha un cuore mediterraneo ma sangue celtico, barbaro, germanico. Tra Sigfrido e Nibelunghi, Klopp rifiuta qualsiasi appellativo divino o celestiale.

È il Normal One e Jamie Carragher, tra le più brillanti bandiere della storia del Liverpool, parla di lui come di un tifoso: “I ragazzi lo vedono camminare con il suo cagnolino a Formby, in una zona della città. Mangia nei pub locali, spesso fa sedere anche qualcuno insieme a lui, prende birre insieme ai tifosi. Mi ricorda uno di loro”. Primo inter pares, chiede uguaglianza di salario con il suo corpo tecnico, fa sentire tutti al centro del progetto, diventa amico dei giocatori.

Il passato di Jurgen Klopp da giocatore

Si dice che un albero non cresce senza le radici. La storia di Jurgen Klopp ne è l’esempio estremo perché non dimentica da dove viene. Non dimentica le partite con papà Norbet, che lo sfidava ovunque, a calcio, negli sci, a tennis. Senza mai lasciarlo vincere: “Una volta giocai con mio padre una partita di tennis che lui vinse, come capitava quasi sempre, 6-0 e 6-0. Un giorno, furioso, gli gridai: ‘Credi che questo è divertente per me?!’. E lui, dall’altra parte della rete, mi rispose ancora più furioso: ‘E tu pensi che questo sia divertente per me?!’”.

Sa cosa vuol dire sacrificio, rimpianto, sconfitta. Da calciatore, attaccante e poi difensore, non è mai arrivato in Bundesliga. Ha vagato nelle categorie minori tra Pforzheim e Francoforte, Viktoria Sindlingen e Rot Weiss, prima degli undici anni al Mainz. 325 presenze e 52 gol, al termine dei quali è diventato allenatore.

Dalla retrocessione alla consacrazione in Germania

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Non furono anni esaltanti, arrivò anche la retrocessione. Ma il suo modo di allenare piaceva. Piaceva soprattutto a Reinhard Rauball, numero uno del Borussia Dortmund, che scelse lui per far ripartire il progetto dei gialloneri. Parlando con chiarezza: “Non c’è un euro per gli investimenti. Dovrai arrangiarti”. Dovrà arrangiarsi con gente come Kuba Błaszczykowski, Mario Götze, Kevin-Prince Boateng, Nuri Sahin, Marcel Schmelzer, allora sconosciuti, con giovani come Mats Hummels, Robert Lewandowski, Marco Reus. Come si legge nell’Edda, la cosmogonia tedesca, Odino, Vili e Vè, figli del dio Borr, plasmarono la prima coppia umana e crearono la vita. Così Klopp, artigiano di corpi e spiriti, crea una squadra unica. Con il Dortmund vinse due Bundesliga, una Coppa di Germania e due Supercoppe di Germania.

L’Europa maledetta e le due finali perse

L’Olimpi tedesco ormai se l’è portato a casa e per ben due volte ha sfiorato anche quello d’Europa. Prima si dovette fermare in finale di Champions League davanti al Bayern Monaco, poi in Europa League con l’Atletico Madrid. Ora è a Liverpool dove il sogno può diventare realtà.

Anche lo scorso anno, dopo aver sbattuto fuori la Roma e trasformato radicalmente anche il Liverpool, c’è andato vicino. Si è arreso ai più forti di tutti, al Real Madrid di Cristiano Ronaldo, ma ora le cose sono cambiate. In Premier nessuno è come lui: primo a 60 punti, a +4 dal Manchester City, miglior difesa del torneo e secondo miglior attacco. Solo una sconfitta, finora, in campionato. In Coppa Campioni ha sbattuto fuori il Napoli ed è finito dietro al Paris Saint-Germain. Nel cammino verso la finale ci sarà di nuovo la Germania, di nuovo il Bayern Monaco. Ma i Reds sono pronti. Una squadra quadrata, compatta, spericolata ed ambiziosa, ad immagine del suo allenatore. Alisson e van Dijk, Keita e Henderson, il trio degli spettacoli Salah, Firmino, Manè.

Nella vita si tratta si tratta di lasciar andare passo dopo passo, per andare in un posto migliore. Si tratta di dare tutto. Di amare e di essere amato”. Passo dopo passo, fino al tetto d’Europa. Che quest’anno sembra più vicino che mai.

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