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Tecnologia

Obsolescenza programmata, il male della tecnologia: cos’è e come combatterla

Smartphone, elettrodomestici e dispositivi elettronici di diverso tipo, quasi all’insaputa di tutti, hanno una durata ben definita ai produttori, un po’ meno ai consumatori, costretti periodicamente all’acquisto

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Obsolescenza programmata
foto: pragmatiko.it

Quando viene acquistato un prodotto tecnologico vengono considerati una serie di fattori a seconda dell’utente. Qualità e prezzo su tutti ovviamente. I singoli elementi citati sono dunque capaci di garantire ad ognuno un’esperienza d’uso valida e duratura? Chiunque risponderebbe in maniera affermativa, come è giusto che sia, ma il progresso e l’ingegno dei produttori la pensano diversamente. 

Andiamo per gradi. Di cosa stiamo parlano? Il protagonista della scena è l’obsolescenza programmata o pianificata, nonché una strategia economica industriale che va a definire la durata (ma soprattutto la fine) di un prodotto, limitandone anzitempo le prestazioni generali e la batteria, nel caso particolare dei dispositivi mobili. Le aziende produttrici la mascherano come il ‘ciclo di vita‘ del prodotto stesso. Non risulta particolarmente complicato a questo punto capire di che stiamo parlando. I produttori ‘programmano‘ quanto deve durare ciò che abbiamo acquistato. Obsoleti diventano i dispositivi dei consumatori che, dopo un arco di tempo definito e limitato, diventano di conseguenza meno prestanti.

Obsolescenza programmata: la storia. Ma tutto ciò a cosa è dovuto?

Il primo caso di obsolescenza programmata risale addirittura a quasi un secolo fa, tra gli anni ‘20 e ‘30, dove le lampadine prodotte avevano un’autonomia non più elevate di mille ore. Molto più recente è quella legata alla famigerata azienda californiana che deve la sua fama a Steve Jobs. L’Apple, infatti, diede vita nel 2003 al primo esemplare di IPod (storico successore dell’MP3), che portava con sé una novità paradossale. La batteria, che non durava più di 8/9 mesi in media, non poteva essere cambiata.

L’ira causata ai tempi da tutti gli acquirenti che l’avevano comprato è palpabile anche ai giorni nostri, a causa dello scandalo che ha coinvolto due tra i più grandi produttori di smartphone al mondo. Samsung ed Apple infatti, hanno rallentato ‘programmatamente’ i propri smartphone a causa di aggiornamenti che, invece di apportare migliorie sotto tutti gli aspetti, hanno creato danni irreversibili ai propri dispositivi.

Nella maggior parte dei casi il problema risiede a livello hardware, quindi tutto ciò che ha a che fare con i materiali di cui è composto il dispositivo in questione. Materiali di scarsa qualità o semplicemente deteriorabili compromettono il processo vitale, causando ciò di cui stiamo parlando. Non è un caso che quest’ultimo coincida proprio con la fine della garanzia. Ciò non giova chiaramente ai consumatori, i quali si ritrovano periodicamente a dover cambiare smartphone, lavatrice o comunque dispositivi di questo genere.

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Obsolescenza programmata, come combatterla in maniera efficace

La domanda a tal punto sorge spontanea. Si può combattere l’obsolescenza programmata? Sì, in due modi differenti. 

Il primo è cambiare la propria concezione culturale e, per certi versi stile di vita, adottando un metodo semplice e diretto, “non si butta niente”, al massimo lo si riutilizza o ricicla.

Il secondo deve la sua esistenza ad un’iniziativa nata qualche anno fa nel Nord Europa e si chiama Repair Café. Si tratta di luoghi composti da una serie di esperti o appassionati (o addirittura smanettoni) capaci di aggiustare qualunque cosa. L’obiettivo? Quello di evitare sprechi inutili e favorire l’economia circolare, che si rifà al primo punto.

Andrea, 19 anni, nato a Salerno. Sono uno studente di Scienze della Comunicazione, speaker e aspirante giornalista ed imprenditore. Appassionato di hi-tech, telefonia e spettacolo.

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