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Cinema

Verso gli Oscar 2018: ‘Phantom Thread’ di Paul T. Anderson

La famiglia Woodcock è tra le più celebri per il disegno artistico dei costumi reali nell’Inghilterra post-guerra. Reynolds, così immerso nel suo lavoro, dovrà riequilibrare le sue ossessioni in vista del matrimonio con Alma, misteriosa cameriera.

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Il Filo Nascosto
Fonte: pinterest.com

Ultima recensione di una pellicola canditata alla categoria Miglior Film in vista della 90° Cerimonia degli Oscar.

L’ottava meraviglia di Paul Thomas Anderson?

Giunto ormai al suo 8° realizzato, Paul Thomas Anderson si conferma come uno dei registi più enciclopedici di Hollywood. Phantom Thread, qui in Italia Il filo nascosto, esce nelle sale al tramontare del 2017, mentre in Italia solo una settimana fa.

Un modo di fare cinema, il suo, non per molti. Bensì manifesto culturale, artistico, simbolico. Lo dimostrano i precedenti The Master o Vizio di Forma. Anche in Phantom Thread il regista non si risparmia dai riferimenti velati, percepibili sotto l’occhio attento dei maestri del cinema.

Per i cultori della materia c’è tanto da vedere e tanto da apprezzare. Per coloro che seguono un po’ di più le mode, un film che inizialmente parla di moda non può bastare.

Candidato a 6 premi Oscar, tra cui la miglior colonna sonora, la miglior regia, i migliori costumi. Inoltre, la pellicola segna – o dovrebbe segnare – la conclusione della carriera dell’attore Daniel Day-Lewis. Premio Oscar come migliore attore già 3 volte (datati ’90, 2008 e 2013) e qui nei panni del protagonista Reynolds Woodcock.

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Statuetta in palio anche per la prestazione di Lesley Manville nei panni della sorella, Cyril.

Phantom Thread non è una pellicola facile nè da guardare nè da spiegare. Un tipo di cinema post-moderno che strizza un occhio al classico e al vintage. L’inconfondibile carattere lento e riflessivo delle pellicole di Anderson, che omaggia il cinema britannico e cammina a braccetto con lo spirito di Hitchcock.

Tra la moda, i colori e il buon costume

Reynolds è un celebre stilista di moda della Gran Bretagna del dopoguerra. Complice e collega della sorella Cyril, con il quale condivide un amore fraterno altamente protettivo e di fiducia reciproca. Un uomo dalla routine monotona quanto complessa. Meticoloso nelle pietanze della sua breakfast quanto nelle sue creazioni. I vestiti sembrano essere l’unica dote creativa di un uomo fortemente insicuro.

Un’insicurezza immediatamente smascherata dal personaggio di Alma (Vicky Krieps) che con innocenza e nonchalance cattura lo sguardo e l’attenzione dello stilista. Lei stravolgerà la vita a lui, e lui stravolgerà la vita a lei.

Ma lungi a pensare che Phantom Thread sia una storia d’amore. Ben altro. Anderson gira velocemente le lancette dell’orologio e pone immediatamente la relazione nella crisi della monotonia. Una monotonia nella quale Alma si sentirà inghiottita dal lavoro di Reynolds.

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Ecco dunque che Phantom Thread diventare improvvisamente thriller psicologico. Fondato sui rapporti, soprattutto tra i protagonisti. Il confronto, il ribaltamento delle gerarchia, e la ricerca dei ritmi giusti per la vita di coppia.

Usi e costumi di una Gran Bretagna dell’epoca ricostruiti accuratamente e ai limiti dell’ossessione della perfezione. Esattamente come il personaggio di Reynolds, desideroso di tenere sempre sotto controllo le proprie giornate in base a una pacifica colazione. Anderson omaggia i grandi del cinema con una ricchezza di sguardi, citazioni, e musiche che anticipano l’andare degli eventi.

Abbiamo comunque preferito altre pellicole per la categoria Miglior Film. Ma la pellicola di Anderson resta apprezzabile soprattutto per i suoi costumi, punto forte della produzione e input determinante di una trama che non osa eccessivamente. Col rischio che alla lunga possa annoiare un po’, una discreta colonna sonora smuove gli animi ma la sua vittoria sembra altamente difficile.

Menzione d’onore per il celebre Daniel Day-Lewis, probabilmente al suo ultimo lavoro. Immerso totalmente in un personaggio taciturno ma allo stesso tempo capace di comunicare come pochi. Fiore all’occhiello di una pellicola che gli ruota intorno, elogiandolo e disprezzandolo nella sua pienezza.

Cosa non funziona?

Nonostante una qualità culturale e artistica che traspare da tutti i pori della pellicola, Phantom Thread non è esente da difetti. Il ritmo eccessivamente lento rischia di portare lo spettatore a distarsi, quando in realtà la pellicola necessita di tante lenti di ingrandimento per ogni fotogramma. Un simbolismo probabilmente strabordante, che perde la propria efficacia a discapito di confusione e disaffetto che lo spettatore potrebbe inesorabilmente provare per la pellicola.

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Phantom Thread

Il filo nascosto seppur non perfettamente traduzione letterale, è perfettamente traduzione semantica. Poiché i fili che Anderson tenta di ricucire attorno a una sceneggiatura misteriosa, molto spesso si staccano facendo scivolare giù le qualità visive del film. Fili che troppo facilmente restano nascosti e segreti, rendendo il film impercettibile nella sua enigmatica pienezza.

Nato a Belvedere Marittimo (CS) il 06/05/1994. Da sempre appassionato di scrittura e giornalismo. Scrive su quelle che sono le sue più grandi passioni: sport, media, Tv e soprattutto cinema. Laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Salerno e attualmente studente della laurea specialistica Corporate Communication & Media.

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