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Cultura

Femminismo intersezionale e linguaggio d’inclusione

Introdotto per la prima volta nel 1989 dalla professoressa di legge, nera e femminista Kimberlé Williams Cranshaw, è separato dal femminismo classico da alcune differenze

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Kimberle Crenshaw

Il femminismo intersezionale parla una sola lingua, quella dell’inclusione. Lo stesso attributo “intersezionale” ci aiuta a comprendere bene il punto di partenza di questo tipo di femminismo, che teorizza che tutte le discriminazioni siano collegate. Vediamo insieme che cos’è e cosa significa, attraverso la sua storia e una definizione.

Che cos’è il femminismo intersezionale: storia e differenze col femminismo classico

Il termine femminismo intersezionale fu introdotto per la prima volta nel 1989 dalla professoressa di legge, nera e femminista Kimberlé Williams Cranshaw. La sua teoria sull’intersezionalità ebbe inizio proprio da una critica al femminismo classico, definito eurocentrico.

Il femminismo classico prendeva in considerazione l’idea che tutte le discriminazioni subite dalle donne fossero dettate soltanto dal loro sesso. Invero, per una donna nera, la situazione era certo molto diversa, in quanto questa era discriminata non solo per la sua identità di genere ma anche per la sua etnia e il colore della sua pelle.

Pertanto non si poteva comprendere la discriminazione e l’oppressione delle donne nere considerando solo il genere o solo l’etnia: le due categorie si intrecciano, di qui si genera l’intersezione.

Questo tipo di ragionamento può essere applicato anche a una donna disabile, a una donna transgender, a una donna con un corpo non conforme. Ecco che vediamo le linee di queste discriminazioni sovrapporsi l’una sull’altra, rendendosi quasi irriconoscibili. Ecco che iniziamo a capire il vero senso dell’intersezionalità.

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Femminismo intersezionale, il pensiero che sostiene che sia davvero inclusivo

Il femminismo non intersezionale non è femminismo”. Questo è il motto di molti attivistə e femministə che si battono in particolare contro il TERF (trans-exclusionary radical feminism) il femminismo radicale trans-escludente, acronimo con cui si intende quel pensiero femminista (o sedicente tale) che esclude le donne trans dalle dinamiche femministe. In breve, le donne trans sono donne, non c’è TERF che tenga.

Il femminismo intersezionale è bianco, è nero, è marrone, abbraccia tutti i colori dell’arcobaleno LGBTQA+, è cisgender, è transgender, non è classista, non è abilista. Il femminismo intersezionale ripudia qualsiasi tipo di discriminazione. Nasce nella terza ondata del femminismo, fiorisce nella quarta, la nostra, e ci mostra un mondo in cui l’inclusività e la rappresentazione sono fondamentali.

Nata a Nocera Inferiore il 3 dicembre 2000, è giornalista praticante presso ZetaNews. Diplomata al Liceo Classico "Marco Galdi" nel 2019, dallo stesso anno è studentessa di Lettere Classiche presso l’Università degli studi di Salerno. Appassionata di scrittura creativa, ha partecipato a diversi concorsi letterari: nel 2016 si è classificata terza al concorso “le parole sono ponti” e nel 2019 si è classificata seconda al Premio Badia di Cava De’ Tirreni. Ama i libri, l’arte e raccontare le ingiuste condizioni del patrimonio artistico della città in cui vive. “Figlia” del Pirandello giornalista, cerca di non fermarsi mai alla narrazione superficiale degli eventi. «E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual essa risulta dalle osservazioni esterne, l’umorista armato del suo arguto intuito dimostra, rivela come le apparenze siano profondamente diverse dall’essere intimo della coscienza degli associati». (Pirandello, saggio sull’umorismo)

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