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Cronaca

Stranger Things 4: l’inizio della fine non è mai stato così metal

La quarta stagione della serie Netflix dei gemelli Duffer è il penultimo tassello di un puzzle fatto di citazioni e intrighi

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Stranger Things

La saga dei misteri della cittadina di Hawkins giunge alla conclusione del suo penultimo capitolo con un finale da più di quattro ore lanciato venerdì su Netflix, a poco più di un mese di distanza da una prima parte che ha fatto breccia nel cuore del pubblico. I fratelli Duffer hanno fatto tesoro delle critiche mosse dal pubblico alla terza stagione di “Stranger Things”, lanciata sulla piattaforma streaming nell’estate del 2019. La nostra recensione di “Stranger Things 4”.

Una nuova linfa alla serie, e una normalità sconvolta da due eventi

Pur non riuscendo a mantenere unito il cast, trovandosi quindi nuovamente a dar loro narrative parallele che collidono solo attorno al finale, i Duffer sono riusciti ad infondere nuova linfa alla serie con l’introduzione di nuovi personaggi che fin dalla prima apparizione hanno saputo conquistarsi le simpatie dei fan e hanno riacceso l’interesse di chi si era detto deluso dal capitolo precedente. 

Hawkins, 1986: la vita del gruppo dei perdenti sta entrando in una fase delicata, dato che sono iniziate le scuole superiori. Mike, Dustin e Lucas fanno parte dell’Hellfire Club, un club dedicato al gioco da tavolo Dungeons & Dragons capitanato dallo straordinario ripetente metallaro Eddie Munson (Joseph Quinn), e nel frattempo Will ed Eleven (ora Jane Hopper) stanno facendo del loro meglio per abituarsi alla nuova vita in California, così come Jonathan sta cercando di far fronte alla distanza dalla fidanzata, Nancy. Questa normalità viene sconvolta da due eventi: una bizzarra e sanguinosa serie di omicidi rituali a Hawkins, per i quali il principale sospettato è proprio Eddie, e uno strano pacco recapitato a Joyce (Winona Ryder), la madre di Will. 

Recensione Stranger Things 4, il trattamento di alcuni personaggi suscita reazioni nel pubblico

Se nella prima parte la nuova serie è stata dedicata allo scioglimento dei nodi di trama lasciati in sospeso nella terza stagione e alle reali origini di Eleven, la seconda parte si divide in due – l’ottavo episodio, che è interamente focalizzato sulle decisioni che il personaggio di Eleven prende in seguito alle verità scomode rivelate negli episodi precedenti da Henry Creel (Jamie Campbell Bower), e il nono, una carica di adrenalina pura che conduce ad un finale sospeso che ha diviso critica e pubblico.

In particolare, è stato il trattamento di alcuni personaggi ad aver suscitato le reazioni più viscerali da parte del pubblico. Il giovane Will Byers (Noah Schnapps) è stato protagonista di una delle scene più emozionanti della nuova stagione, una vera e propria confessione romantica al suo amico Mike, velata soltanto da una timidezza e dalla paura di affrontare i propri sentimenti a viso aperto – e le sue parole sono state successivamente utilizzate da Mike per dare forza ad Eleven quando si trova in difficoltà.

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La rappresentazione di un personaggio queer in un contesto complesso come quello dell’America rurale anni ’80 è già molto faticosa, soprattutto in un contesto in cui le storie romantiche non sono il focus principale della serie, ma che la sua confessione venga usata come motore per riparare una relazione eterosessuale – per quanto presente da prima che Will si rendesse conto dei suoi sentimenti – è stato considerato ingiusto dai fan, che in questa scelta di scrittura hanno visto una manipolazione dei sentimenti di una persona queer molto giovane e che già nelle stagioni precedenti aveva vissuto episodi di omofobia. 

Alcuni punti deboli della narrazione della quarta stagione della serie

Un altro punto debole della narrazione è stata la lunga, interminabile traversata oltre la Cortina di Ferro per salvare Jim Hopper (David Harbour), a cominciare dalla rappresentazione caricaturale e involontariamente comica dei Sovietici – coerente con il decennio rappresentato – fino alla snervante corsa ad ostacoli che Joyce deve affrontare per arrivare a destinazione, con imprevisti che non si legano con naturalezza allo scorrere della storia e che in ogni caso non danno soddisfazione allo spettatore nel momento in cui anche il gruppo degli adulti si riunisce con quello dei giovani prima di passare alla minaccia successiva. Unica eccezione il personaggio di Murray Bauman, interpretato da un sempre brillante Brett Gelman che ha saputo stemperare la lentezza delle sequenze sovietiche.

Tra i maggiori punti a favore c’è lo svolgersi della trama sovrannaturale: il richiamo al “Satanic Panic” scatenato proprio da Dungeons & Dragons nella seconda metà degli anni ’80 è stato reinterpretato attraverso un concetto intrigante – la cittadina che vuole farsi giustizia da sola perché le autorità non sono abbastanza violente. In questa sezione della storia, i personaggi agiscono coerentemente con ciò che rappresentano: gli atleti della scuola vogliono sicuramente una scusa per dare una lezione a un “freak” senza conseguenze, ma questo “freak” è un potenziale assassino che potrebbe star utilizzando magia nera per compiere gli omicidi rituali che si consumano.

L’idea che una cittadina un tempo tranquilla come Hawkins sia in realtà il nucleo caldo di qualcosa di estremamente malvagio, con tanto di casa abbandonata dove si cela questo male oscuro, è davvero ciò che basta perché una folla di persone con problemi ordinari e risolvibili dia fondo al peggio di sé. Quel peggio che già esiste, e che viene sfogato contro i più deboli o i diversi, in un decennio dove la “facciata” del sogno americano inizia a tremare dalle fondamenta. 

Recensione Stranger Things 4, la punta di diamante della serie è il cattivo

Ed è qui che entra in gioco la punta di diamante della serie: il cattivo. Come il Demogorgone della prima stagione, anche Vecna trova il suo soprannome in una creatura di Dungeons & Dragons, ma è molto più reale, ed è molto più vicino ai protagonisti di quanto si possa pensare.

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L’idea che Eleven, personaggio concepito interamente come eroico, possa trovare il suo doppio in un affascinante esperimento fallito che le sussurra verità scomode all’orecchio per tutta la durata della prima parte di questa nuova stagione è una risoluzione più che sensata in una serie dove il tema del “sottosopra” e dell’“altro” sono così sentiti. Vecna è tutto ciò che Eleven ha rischiato di diventare, ma dove Vecna ha conosciuto solitudine e abusi quando è stato spogliato del nome di Henry Creel per diventare One, Eleven ha invece trovato qualcuno che le ha preso la mano e l’ha supportata, accettando anche quelle parti più pericolose. E Vecna l’ha vista cambiare da mina vagante a persona con dei sogni e degli affetti. Per questo motivo, è sensato presumere che nella quinta stagione, Vecna cercherà di eliminare questi affetti.

Il grande punto di forza di Stranger Things sono le citazioni, e in questo senso i Duffer non deludono: dopo aver riportato in auge “Running Up That Hill” di Kate Bush, è il turno di “Master of Puppets” dei Metallica, che insieme a Eddie diventa protagonista della scena più adrenalinica del nuovo volume – un concerto metal suonato direttamente all’inferno, per sconfiggere il male. Ancora una volta, i Duffer giocano sul rovesciamento della prospettiva, in modo semplice ma efficace. 

Stranger Things 4, dunque, pur lasciando più di una perplessità narrativa e avendo efficacemente diviso il pubblico tra chi ha abbandonato definitivamente la nave e chi resterà per il gran finale, prepara il terreno per uno scontro che forse sarà stato riproposto in centomila declinazioni, ma che resta comunque atteso. 

Marilù “Artie” Rescigno, classe 1994, laureatə in filologia moderna all'Unisa e abilitatə in giornalismo. Appassionatə da sempre di scrittura (creativa e non) e nuovi media, attraverso il giornalismo riesce a unire interessi nerd e cultura.

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