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Resistenza a pubblico ufficiale, quando rileva dal punto di vista penale?

Tutto ciò che c’è da sapere su questo reato di grande attualità

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Vigli Urbni multe
Foto: civonline.it

Recentemente abbiamo assistito ad episodi di tafferugli tra manifestanti e forze dell’ordine, spesso sfociati in violenze e devastazioni. Diversi sono stati i soggetti tratti in arresto e i procedimenti penali incardinati nei loro confronti.  Il reato spesso contestato, in questi casi, è quello di resistenza a pubblico ufficiale. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Resistenza a pubblico ufficiale, cosa dice il codice penale?

L’articolo di riferimento è il 337 c.p., che punisce chiunque usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio. Sono due gli elementi fondamentali che devono sussistere al fine della configurabilità del suddetto reato di resistenza a pubblico ufficiale: la presenza di una condotta violenta o minacciosa, col preciso fine di ostacolare l’attività del pubblico ufficiale e la contestualità della condotta con l’attività medesima.

Per quanto concerne il primo elemento, occorre rilevare che la condotta deve essere connotata da una intrinseca capacità di ostacolare o comunque turbare l’attività del pubblico ufficiale (es. di un carabiniere), traducendosi, quindi, in qualunque mezzo di coazione fisica o psichica che abbia tale scopo (Cass., sent. n. 10608/83).

Il tipico esempio può essere rappresentato dal lancio di bombe carta verso camionette delle forze dell’ordine o da calci e pugni, col preciso intento di intimidire o di bloccare l’azione delle medesime.

Ricapitolando, il soggetto agente deve agire nella precisa intenzione di ostacolare violentemente l’attività di quello che sa essere un pubblico ufficiale.

Eventuali minacce o pugni nei confronti, ad esempio, di un agente in borghese, potranno al massimo andare a configurare, oltre al reato di minaccia, quello di percosse o lesioni personali, non avendo l’aggressore, in tale frangente, contezza della qualità di pubblico ufficiale del soggetto passivo.

In merito al secondo elemento, cioè la contestualità della condotta, è necessario osservare che l’azione minacciosa o violenza del soggetto agente deve estrinsecarsi nel preciso momento in cui il pubblico ufficiale stia svolgendo il suo ufficio, ostacolandolo o turbandolo.

Resistenza a pubblico ufficiale, la mera resistenza passiva è rilevante penalmente?

Se, ad esempio, un manifestante dovesse semplicemente divincolarsi, fermato dalla polizia, per sottrarsi ad una perquisizione, senza che la sua condotta fosse caratterizzata da qualsivoglia minaccia o violenza contro il pubblico ufficiale, risponderebbe ai sensi dell’art. 337 c.p.? La risposta è no.

Questo perché il reato di resistenza presuppone atti positivi di aggressione o di minaccia, che impediscano al pubblico ufficiale di compiere il suo ufficio, dai quali esula un comportamento di mera resistenza passiva o disobbedienza (Cass. 5209/19; Cass. 10136/13). Nel caso di insulti rivolti a pubblici ufficiali in servizio, magari con intento provocatorio, non sarebbe configurabile la resistenza ma l’oltraggio al pubblico ufficiale, punito ai sensi dell’art. 341 bis c.p.

Nato a Vico Equense il 26 Aprile 1990, è un giovane avvocato specializzato in diritto penale e tributario. Laureato in Giurisprudenza nel 2016 presso l’Università di Napoli Federico II, e nel 2019 in Management presso l’Università delle Camere di Commercio di Roma. Ambizioso, determinato, ed empatico nei rapporti umani, da sempre attivo nel campo del volontariato e della promozione sociale, schierato accanto dei più deboli per la tutela dei loro diritti. Inguaribile viaggiatore, amante dell’arte e del buon cibo italiano.

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