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Cultura

Montefalcione, la “Grotta del Capitano” tra mistero e leggenda

Qual è il vero nome di questo posto? Da dove nasce? Sono tante le incognite e le storie legate a questo luogo: scopriamo di più sul mistero della Grotta

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La Grotta del Capitano Montefalcione
Foto: Alessio Capone/ZetaNews

Il fascino dell’ignoto domina tutto”. Non si può dar torto a quanto diceva Omero quando ci si trova nei pressi della “Grotta del Capitano” a Montefalcione.

Per poterla raggiungere bisogna attraversare la “Porta Ripa”, un’entrata scavata nelle mura di cinta che circondavano il castello ed il borgo. A questa segue una ripida discesa che trova sfogo in un’imponente parete che si staglia per oltre trenta metri, con la grotta in basso, che è lì come un’enorme ferita nella roccia.

Da lì scaturiscono i misteri e le leggende legate a questo splendido quanto enigmatico posto. L’antro prende il nome da uno dei personaggi più oscuri ed ignoti della tradizione del paese irpino. Nessuno sa chi fosse, o se sia stato davvero un “Capitano” di grado militare.

Gravitano diverse storie intorno a questa losca figura: si crede che all’interno della grotta siano state ritrovate le sue spoglie; altre leggende sostengono che durante una battaglia non meglio identificata, il Capitano avesse coraggiosamente portato in salvo nell’antro donne e bambini; un’altra storia racconta di un brigante perdutosi nelle profondità della fenditura mentre, inseguito dalle forze dell’ordine, portava in salvo un sostanzioso bottino.

Quella che si avvicina di più alla realtà, supportata da alcune prove materiali, sostiene che essa sia l’entrata di alcune gallerie scavate nella roccia per mettere in contatto l’antico borgo di Montefalcione con le roccaforti confinanti, probabilmente con il Castello di Serra.

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A dare solidità a questa spettacolare quanto fantasiosa storia è un’opera di Giuseppe Pagliuca dal nome “Monografia storica di Montefalcione” del 1927, nella quale si afferma che in località Contrada Cesine a Pratola Serra siano state ritrovate delle gallerie dall’altezza di ben 2,5 metri, che, secondo l’autore, comunicavano con quelle della “Grotta del Capitano”.

Oppure, potrebbe semplicemente essere stata una cava di calce che pare sia stata in funzione fino agli inizi del ‘900, denominata “Cava di Peppone”.

È il mistero, misto alla fantasia, a dar senso alla vita, per permettere di sognare e di evadere da una realtà troppo concreta. Probabilmente queste storie saranno semplicemente frutto di dicerie ed invenzioni, ma è giusto ed affascinante che restino inalterate, così che le future generazioni, i futuri bambini, scorrazzando nei pressi della Grotta immaginino che lì, un Capitano, vi sia transitato.

Nato ad Avellino nel maggio '95 è un giornalista, attivista antimafia e talvolta scrittore un po' troppo malinconico. Grande appassionato di sport, divoratore di libri e ascoltatore incallito dei Pearl Jam.

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