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Non restare indifferente: parla, urla, scrivi

Il 21 marzo è stato scelto per celebrare la “giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” promossa dall’associazione Libera, per non dimenticare mai i loro nomi. Non è un giorno qualunque, ma un baluardo di memoria, di riscossa

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Muro da abbattere
Foto: antimafiaduemila.com

Eccola là, arriva.

Con quell’aria da benefattrice, da Masaniello dei più sfortunati, da persona qualunque che è riuscita a risalire la china. Quella lì mette il pane in casa dei più poveri, dà lavoro a chi lo cerca. Ho notato che è ben voluta, sai, quando cammina non c’è una sola persona che non la saluti, dispensa sorrisi materni a tutti, addirittura i ristoranti le riservano sempre il miglior tavolo, cascasse il mondo.

Fa tutto quello che vuole. Bello no? Poter avere tutto a portata di mano, ottenere tutto ciò che si desidera.

Eppure, 1032 persone hanno raccontato una storia differente. A sentire la prima mi son detto che fosse impossibile, con quella faccia lì certe cose non le farebbe mai. Poi uno dopo l’altro, sembrava ripercorressero la stessa storia, che utilizzassero le stesse parole. Allora lì ho vacillato, e sono rimasto deluso, si era mostrata così magnanima e prodiga ai miei occhi.

Si fa chiamare Criminalità Organizzata. Prima non ne conoscevo il nome. Ma dipende da dove la si incontra: una volta si fa chiamare Mafia, un’altra ‘Ndrangheta, un’altra ancora Camorra.

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Il nome non cambia la sostanza, è come agisce che mi ha terrorizzato. Queste 1032 anime hanno raccontato che: spara, uccide, infanga, ruba, inquina, specula, tortura, estorce; toglie in modo spregiudicato e impone la sua supremazia. É come un tornado che, al suo passaggio prepotente e violento, lascia solo macerie.

É un mondo oscuro, occulto, che allunga silenziosamente i propri tentacoli e pende come la spada di Damocle sulla testa di ogni cittadino onesto. Procacciatrice di individui deboli, pronti a fare un patto col diavolo, a vendere la propria anima.

Mi son chiesto: cosa posso fare per combattere, per liberare tutti da questa piaga? Non tutti sono a conoscenza della sua reale identità, in troppi le danno ancora corda, la seguono ottenebrati dal profitto. Ho cercato in quelle parole una risposta per combatterla.

Allora, mi hanno confidato un segreto che recita più o meno così: “Un esercito di professori è più necessario di un esercito di poliziotti per combattere le mafie“. Inizialmente avevo pensato che per respingerla bisognasse usare le sue stesse armi, poi, mi sono detto: c’è bisogno sì di una rivoluzione, ma culturale.

Le parole del passato possono essere la chiave di volta per dare una scossa al futuro. Un noto magistrato, Paolo Borsellino, una volta ha detto: “La lotta alla mafia deve essere un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, che tutti abitui a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità.”

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Un insegnamento se recepito può cambiare le cose, può offrire la possibilità di non reiterare gli stessi comportamenti. Può proteggere e tutelare chi ancora oggi si batte affinché la voce assordante della criminalità organizzata rimanga solo un brusio.

1032 è il numero di vittime innocenti delle mafie. Di quelle che si conoscono. Il 21 marzo è stato scelto per celebrare la “giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” promossa dall’associazione Libera, per non dimenticare mai i loro nomi. Non è un giorno qualunque, ma un baluardo di memoria, di riscossa.

Parla, urla, scrivi, fai delle parole le tue armi migliori. Una parola consapevole può penetrare più a fondo di un colpo di pistola.

Non restare indifferente.

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Nato ad Avellino nel maggio '95 è un giornalista, attivista antimafia e talvolta scrittore un po' troppo malinconico. Grande appassionato di sport, divoratore di libri e ascoltatore incallito dei Pearl Jam.

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